Atto primo

Caro Ligurio,

Ti scrivo questa lettera perché voglio rivelarti il mio segreto e ho bisogno del tuo aiuto. Forse ti meravigli della mia improvvisa partenza da Parigi; ed ora ti meraviglierai, che io ho vissuto qui già un mese senza far niente. Se io non ti ho detto fino a questo momento quello che io ti dirò ora, non è stato perché non mi fidi di te, ma perché penso che è meglio non raccontare segreti, se non obbligato. Pertanto, io potrò avere bisogno del tuo aiuto, e così ti voglio dire il tutto. Hai già sentito mille volte, ma non importa che tu lo sentirai mille e una, come avevo dieci anni quando, mio padre e mia madre morti, mi hanno mandato a Parigi, dove io sono stato vent’anni. Negli ultimi dieci anni in tutta l’Italia sono cominciate le guerre ed i ho deciso di non andarmene[1] mai dalla Francia, perché vivere in quel luogo era molto più sicuro. Ho venduto tutte le mie proprietà oltre la casa e ho vissuto in Francia ancora dieci altri anni felice e conteno… Avevo dedicato il tempo in parte agli studi, in parte ai piaceri, e in parte agli impegni; ed ho fatto in modo che una cosa non mi impedisse l’altra.[2] E per questo, come tu sai, vivevo tranquillo, aiutando tutti, e non offendendo nessuno. Ero piacevole a tutti: ai borghesi, ai gentiluomini, allo straniero, al francese, al povero ed al ricco. Ma alla Fortuna pareva che io avessi troppo bel tempo[3], e così lei ha fatto che è capitato a Parigi Camillo Calfucci. Lui, come gli altri fiorentini, mi visitava spesso; in compagnia abbiamo ragionato su diversi argomenti e un giorno è accaduto che abbiamo discusso dove fossero le donne più belle[4], se in Italia o in Francia. Dato che ero molto piccolo quando sono partito, non potevo ragionare delle italiane. Dopo molti argomenti da ogni parte, Camillo ha detto, irritato: anche se tutte le donne italiane fossero dei mostri[5], ce n’è una che vale più di tutte le donne nel mondo. E ha nominato madonna Lucrezia, moglie di messer Nicia Calfucci, famosa per la sua bellezza e dei suoi costumi, che fa restare stupiti molti uomini. Ed anch’io ho avuto tanto desiderio di vederla, che, lasciato ogni altro pensiero, né pensando più alle guerre o alle pace d’Italia, mi sono preparato a venire in Italia. Quando sono arrivato, ho trovato che la fama di madonna Lucrezia era minore della verità (cosa che accade rarissime volte) e ho avuto tanto desiderio che non mi raccapezzavo. Non ti ho detto questo per sfogarmi in parte, e anche perché tu puoi aiutarmi o dare qualche consiglio.

Sinceramente non ho nessuna speranza. In prima mi provoca disagio la natura di Lucrezia, che è onestissima. Poi, come sai, ha il marito ricchissimo che si lascia governare da lei[6], e, se non è giovane, non è del tutto vecchio, come pare. Per di più non ha parenti o vicini, con cui lei potrebbe visitare qualche festa o qualche altro evento, dove possono divertirsi le ragazze giovani. Nessun artigiano capita a casa sua; tutti i suoi servitori hanno paura di lei: in modo che non c’è luogo ad alcuna corruzione.

Ma credo che, nonostante questo, c’è sempre speranza! Anche se è debole e vana, ma la voglia e il desiderio, che l’uomo ha di fare la cosa, la rende possibile.

Ci sono tre cose che mi fanno sperare: la prima è la semplicità di messer Nicia: anche se è dottore, è il più semplice ed il più sciocco uomo di Firenze. L’altra è la voglia che lui e lei hanno d’avere figli: nonostante il fatto che abbian vissuto sei anni sposati, non ne hanno ancora fatti, e, essendo ricchi, muoiono del desiderio di averne. La terza è che tu hai con messer Nicia una stretta amicizia. Lo so che non ti invita a mangiare con lui, ma ti presta a volte i soldi. Io prometto, se ce la facciamo, di donarti una buona somma; altrimenti facciamo insieme una cena, ché comunque io non mangerei solo.

Magari potresti convincere messer Nicia ad andare con la sua donna al bagno in questo maggio? Potrebbe quel luogo farla diventare d’un’altra natura, perché in tali luoghi si festeggia sempre; ed io andrei là, e ci organizzerei tutti i tipi di divertimenti, spenderei molti soldi, a poco a poco diventerei il loro amico, entrerei in casa loro… che so io? Da cosa nasce cosa.[7]

Grazie in anticipo,

Un caro saluto

Callimaco

Scena seconda

Messer Nicia, Ligurio

MESSER NICIA – Credo che i tuoi consigli siano buoni[8], e ne ho parlato ieri sera con mia moglie: ha detto che mi risponderebbe oggi; ma, a dirti la verità, io non ne ho gran voglia.

LIGURIO – Perchè?

MESSER NICIA – Perché non voglio partire da casa mia. Inoltre, ho parlato ieri sera con molti medici: uno mi dice di andare a San Filippo, l’altro alla Porretta, e l’altro alla Villa; e a dirti la verità, questi dottori di medicina non si intendono di quello che dicono.

LIGURIO – Mi immagino quanto fastidioso sia per Lei partire dalla Sua città, perché non è abituato a perdere di vista la Cupola[9].

MESSER NICIA – Ti sbagli. Quando io ero più giovane, io viaggiavo molto: ho visitato ogni fiera a Prato, ho visto ogni castello nella zona; per di più: sono stato a Pisa ed a Livorno!

LIGURIO – Deve avere visto la carrucola di Pisa.

MESSER NICIA – Tu vuoi dire la Verrucola.

LIGURIO – Ah! sì, la Verrucola[10]. A Livorno, ha visto il mare?

MESSER NICIA – E certo che l’ho visto!

LIGURIO – E’ molto più grande dell’Arno?

MESSER NICIA – Dell’Arno? E’ più grande quattro volte, sei volte, più di sette volte! Non si vede che[11] acqua, acqua, acqua.

LIGURIO – Io mi meraviglio: lei ha visto tanti posti e prova difficoltà di andare ad un bagno.

MESSER NICIA – Tu hai la bocca piena di latte[12]. E ti pare semplice lasciare tutta la casa? Pure, io ho tanta voglia d’avere figli, che sono pronto a tutto. Potresti per favore parlare tu con questi medici? Chiedigli dove mi consigliano di andare. Io intanto sarò con mia moglie. Ci vediamo dopo.

LIGURIO – A più tardi!

Scena terza

Ligurio, Callimaco

LIGURIO – In tutto il mondo non c’è uomo più sciocco di questo; e quanto la Fortuna lo ha favorito! E’ ricco, ha una moglie bella, saggia, che si veste ottimamente e che potrebbe governare un regno. E mi pare che raramente succeda come dice il proverbio “Dio prima li fa, e poi si accoppiano”[13]; perché spesso si vede un uomo in gamba che deve sopportare una donna con un brutto carattere, o viceversa, una prudente donna sposata con un pazzo. – Ma eccolo. Che fai qui, Callimaco?

CALLIMACO – Ti avevo visto con il dottore, e ti aspettavo per parlare di quello avevi fatto.

LIGURIO – Lui è un uomo della qualità che tu sai, di poca prudenza, di animo anche minore[14], e non partirà volentieri da Firenze; pure, io l’ho riscaldato: e mi ha detto infine che farà ogni cosa. Comunque, non sono sicuro che ce la faremo.

CALLIMACO – Perché?

LIGURIO – Che ne so? Tu sai che a questi bagni va gente diversa, e potrebbe venire qualcuno a cui madonna Lucrezia piacerà come a te. Magari sarà ricco più di te o avrà più grazia. Insomma, mi capisci: c’è il pericolo di fare questa fatica per altri! Può capitare che il moltiplicarsi dei concorrenti renderà Laurenzia più dura[15], o che lei avrà voglia di un altro e non di te.

CALLIMACO – Lo so che hai ragione. Ma cosa devo fare? A chi posso rivolgermi? Secondo me, bisogna tentare qualche cosa, anche se grande, anche se pericolosa, anche se dannosa. E’ meglio morire che vivere così. Se potessi dormire la notte, se potessi mangiare, se potessi conversare, se potessi divertirmi, sarei più paziente ad aspettare;[16] ma qui non c’è rimedio; e, se non ci sarà nessuna speranza, io muoio in ogni modo. E essendo pronto a morire, non temo niente e posso fare qualche truffa bestiale, crudele, nefanda.

LIGURIO – Non dire così, calmati.

CALLIMACO – Tu vedi bene che, cercando di calmarmi, mi riscaldo di simili pensieri. E per questo è necessario di mandare messer Nicia al bagno, o di fare qualcos’altro che mi potrebbe dare un po’ di speranza, se non vera, falsa almeno, per la quale mi consoli un po’[17].

LIGURIO – Tu hai ragione, ed io sono per farlo.

CALLIMACO – Credo che molti dei tuoi pari vivano per ingannare gli altri[18]. Nondimeno, io non credo essere in quel numero, perché, se mi accorgo che mi hai truffato, perderai per ora l’uso della casa mia, e la speranza di avere quello che t’ho promesso per il futuro.

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