Prefazione D. Rizzi

La conquista dello spazio è, da molti punti di vista, una delle pagine importanti del XX secolo: rappresenta una tappa fondamentale del progresso scientifico dell’umanità; ha inciso profondamente nell’immaginario collettivo poiché ha realizzato un antico sogno dell’uomo; è stato un terreno su cui si è svolto uno scontro incruento ma pericolosissimo, la guerra fredda; ha assunto i tratti di un braccio di ferro tra modelli sociali e ideologici opposti.

Luna rossa di Massimo Capaccioli ripercorre la fasi di questa vicenda, compresi gli antefatti e gli esiti, in maniera allo stesso tempo rigorosamente scientifica e appassionante, con un occhio attento al contesto storico e all’atmosfera culturale. Questo, infatti, è indubbiamente, anche un capitolo della storia della cultura di quell’epoca, se per “cultura” si intende il complesso delle manifestazioni della vita materiale, sociale e spirituale di una comunità, nazionale о sovrana-zionale che sia.

L’Unione Sovietica vinse tutte le tappe di un’eroica epopea, ma sul traguardo dovette arrendersi alla sorte e alla maggiore potenza degli Stati Uniti. Quella che era iniziata inaspettatamente il 4 ottobre 1957, quando l’Urss mise in orbita il primo satellite artificiale – una specie di piccola luna, poco più grande d’un pallone da calcio – era una gara per la conquista dello spazio che la “patria del socialismo” era sembrata ormai molto prossima a vincere, soprattutto dopo che il 12 aprile 1961 l’Unione Sovietica raggiunse l’obiettivo del volo orbitale umano con la missione della navicella Vostok 1, che trasportava il cosmonauta divenuto forse più famoso al mondo, Jurij Gagarin. Ma la gara si concluse con lo storico volo dell’Apollo 11 nel luglio 1969, quando il modulo lunare toccò la superfìcie del satellite e il cosmonauta statunitense Armstrong mise piede sulla luna, compiendo quel “piccolo passo per un uomo,” che fu considerato “un balzo gigantesco per l’umanità”.

In una breve prosa dedicata proprio alla conquista della luna, uno straordinario scrittore italiano, Giorgio Manganelli, scrive che “nella interpretazione più benevola, l’avventura spaziale era una gigantesca prova atletica scientifica: e gli atleti sono simpatici quando perdono (…)”. Questo libro è attraversato da una vena di empatia, quella che ha sempre contraddistinto il rapporti tra Italia e Russia. Ed è per questo che è significativa la sua pubblicazione anche in russo.


Daniela Rizzi

Direttrice dell’istituto Italiano di Cultura di Mosca

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