Cristina Bragaglia
Перевод Натальи Ставровской
«Chi non ama Tolstoj? Kurosawa, prima di ogni ripresa, legge qualche pagina di Vojna i mir. Siamo tutti figli di Tolstoj. E, talvolta, anche padri, quando leggiamo i suoi Ricordi e scopriamo le sue debolezze. Qualcuno ha detto che non racconta la vita, ma quel che c’e sotto la vita». Cosi si esprimeva Vittorio Taviani nel 1990 in una intervista concessa a «Le Figaro» in occasione della presentazione in Francia del film II sole anche di notte, tratto daOTeij Сергий, il noto racconto lungo dello scrittore.
Tolstoj accompagna molta parte della camera dei registi toscani, e non solo dal 1973, quando adattarono per lo schermo Bojeskoe i tchelovetcheskoe (1903–1905) con il titolo italiano San Michele aveva un gallo. Gia precedentemente lo scrittore aveva fomito la materia per la costruzione di personaggi e vicende: Renno, il sovrano conservatore di Sotto il segno dello Scorpione (1969), impersonate da Gian Maria Volonte, ha qualche tratto di Mezenetskij, protagonista, appunto, di II divino e l’umano; uno dei personaggi di Sovversivi(film del 1967 in cui quattro storie ruotano attorno ai funerali di Palmiro Togliatti, segretario del partite comunista italiano dall’immediate dopoguerra morto nel 1964)ricorda per certi versi lo stesso Tolstoj, che abbandona la sua casa di Jasnaia Poljana per andare a morire nella stazione di Astapovo.
Le ragioni di una simile attrazione sono rinvenibili in una consonanza di interessi se, come scrive Lorenzo Cuccu nel suo lavoro dedicate al Cinema di Paolo e Vittorio Taviani[10], nell’opera dei Taviani prevalgono «il tema delle passioni, quella politica e ideologica prima, quelle primarie, poi; il tema del rapporto dell’uomo con la natura, origine e fonte della bellezza ma anche della tragicita dell’esistenza; il tema del valore della rappresentazione artistica nella condizione esistenziale dell’uomo».Nei personaggi creati da Tolstoj dopo la crisi del 1880, che lo porta a ribellarsi contro ogni ordine costituito, i Taviani trovano semplificazioni convin-centi delle passioni al centra dei loro interessi. Al di la delle tendenze personali si pud ipotizzare che il percorso verso Tolstoj sia state sorretto da indicazioni critiche di matrice marxista che nel dopo guerra puntano su Tolstoj[11], assai piu che su Do-stoevskij, oggi invece favorite. Furono forse decisive le pagine di Lukacsche individua nello scrittore russo uno degli esponenti piu coerenti della sua teoria estetica del realismo critico, assieme a Dostoevskij e Thomas Mann (che spesso leggeva le pagine di Vojna i mir, cosi come anni dopo fara Kurosawa)[12]. O forse furono le parole del Gramsci di Letteratura e vita nazionale, che mette a confronto Alessandro Manzoni e Tolstoj: «Nel Tolstoj e caratteristico appunto che la saggezza ingenua ed istintiva del popolo, enunciata anche con una parola casuale, faccia la luce e determini una crisi nelTuomo colto. Cio appunto e il tratto piu rilevante della religione del Tolstoj, che intende Tevangelo «democraticamente», cioe secondo il suo spirito originario e originate. Il Manzoni invece ha subito la Controriforma: il suo cristianesimo ondeggia tra un aristocraticismo giansenistico e un paternalismo popolaresco, gesuitico»[13]
Cosi, nei primi anni settanta, affascina i Taviani la modemita del rivoluzionario diBojeskoe i tchelovetcheskoe: quel Mezenetskij che, esponente di un anarchismo alia Bakunin, vede le sue posizioni terroristiche duramente criticate dai giovani esponenti di un socialismo che cerca di infiltrarsi nella societa, rivolgendosi agli operai, per preparare un futuro rivoluzionario grazie anche all’appoggio popolare. Paolo e Vittorio Taviani, com’e noto, trasportano questo dibattito, sempre presente nella sinistra italiana, all’epoca risorgimentale, ma si rivolgono alio spettatore del postsessantotto, che vede nel conflitto metodologico un assillo contemporaneo. Erano i contrasti che agitavano le diverse componenti della sinistra italiana di allora, con uno schema capovolto che faceva scontrare i giovani reduci dalle esperienze studentesche con l’apparato del monolitico Partito Comunista, nonostante l’intelli-gente guida di Enrico Berlinguer.
Il rivoluzionario russo si trasforma in Giulio Manieri, nobile e anarchico, arre-stato intomo al 1870, quasi un secolo prima (e Tassonanza del decennio non appare casuale) e la collocazione nel Risorgimento italiano rievoca episodi come la carboneria e le spedizioni fallite nel regno meridionale dei fratelli Bandiera (1844) e di Carlo Pisacane (1848). Nella scena iniziale del film, un prologo che anticipa i titoli di testa, Giulio bambino, rinchiuso per punizione in un ripostiglio buio, cerca di farsi coraggio cantando una filastrocca popolare che dara titolo al film. La filastrocca introduce le fantasticherie che il bambino mette in opera e che gli permettono di sopportare la segregazione.
È una scena chiave nel cinema dei Taviani e forse anche nel loro rapporto con Tolstoj. I loro «eroi» sono rinchiusi fisicamente ma la forzadi volontà li aiuta a combattere una lotta interiore che apparentemente si rivolge ora contro il potere dell’Impero austroungarico o contro quello dei Borboni (tematica ripresa nel film seguente Allonsanfan), ora contro la chiesa, pur essendo soprattutto una lotta con se stessi. Per questo Giulio Manieri, che nella cella buia per dieci anni fa ginnastica, mantiene in esercizio la mente e grazie all’immaginazione combatte la solitudine e lo squallore circostante, non pud piu vivere quando i giovani rivoluzionari accusano le sue idee di inutilita e di inadeguatezza. Se Mezenetskij si uccide in cella, Manieri muore nella laguna veneta, a ricordo (e in omaggio) dell’ufficiale statunitense di Paisa, il film di Roberto Rosselliniche nel 1946 descrive l’avanzata dell’esercito alleato dalla Sicilia alle foci del Po, dove avviene l’episodio che ha come protagonisti i partigiano e l’ufficiale che muore sotto il fuoco tedesco, gettandosi nel flume per condividere la sorte degli italiani, suoi compagni nella lotta e considerati banditi dai nazisti. Ma il gesto di lasciarsi cadere nelbacqua rimanda anche a umaltra immagine: quella di Mouchette, la protagonista delbomonimo film di Robert Bresson (1967) che rotola – quasi fosse un gioco – fino a lasciarsi avvolgere dalle acque del lago per sfuggire a una terribile vita di patimenti.Tolstoj viene dunque filtrato e riletto alia luce della lezione neorealista (e di altri maestri) oltre che delle sperimentazioni linguistiche dei precedenti film dei due fratelli.
Anche il racconto lungo Отец Сергий (scritto tra il 1890 e il 1898 e pubblicato postumo) nel 1990 e trasposto in film, con il titolo di II sole anche di notte, locuzione tratta da un vecchio modo di dire del Sud, che augura: «Molte giornate felici e il sole anche di notte» e che alia fine del film sara rivolto a Sergio da una vecchia coppia, un segno che dopo le tenebre dei fallimenti, la luce puo tornare.
Dalla Russia ottocentesca l’ambientazione si trasferisce al Settecento napoletano, all’epoca in cui il Regno di Napoli e di Sicilia era stato conquistato da Carlo di Borbone (fondatore della dinastia dei Borbone di Napoli, sul trono napoletano dal 1734 al 1759, anno in cui diventera re di Spagna). Sovrano illuminato, Carlo diede avvio per Napoli a un periodo di fioritura economica e intellettuale. Un’epoca felice per un Sud tormentato dalle guerre, da sovrani incapaci e dalle problematiche condizioni della vita economica. Come in San Michele aveva un gallo, il nucleo narrativo tolstoiano e trasportato in terre italiane. Dopo le briose sequenze della corte, i Taviani spostano le location dai dintomi campani troppo abitati, ai pae-saggi dell’Abruzzo, brulli,deserti, immobili e protesi verso la linea dell’orizzonte, cosi definiti dai registi: «Un’immensita di terra sotto un vasto cielo». Con le loro asperita offrono Г appropriate ricovero ai tormenti di Sergio eremita e l’albero che solitario si innalza nei pressi della casupola assume forti significati simbolici, incar-nando il silenzio di Dio ed evocando la dualita tra terra e cielo.
La parabola di Sergio Giuramondo (Julian Sands) segue le vicende dell’ante-cedente letterario: la vita di corte, l’amore con una donna che gli dovrebbe permettere un avanzamento sociale, la delusione, l’eremitaggio, lo sfruttamento della sua presunta santita da parte della Chiesa, la resa alle tentazioni sessuali, la fuga e l’approdo all’anonimato degli umili lavori. Come il Sergej di Tolstoj, Sergio e preda di un orgoglio che gli impedisce di scendere a compromessi, in nome di un prometeismo che connota molti personaggi dei Taviani e di Tolstoj[14] e che, nel suo caso, dovrebbe portare alia santita. Anche se, secondo alcuni critici, la visione dei Taviani privilegia la ricerca spirituale, smorzando i tormenti del desiderio sessuale ed eliminando la polemica sotterranea contro l’ipocrisia della societa e il confor-mismo ecclesiastico.La solitudine e il silenzio nel percorso tavianeo dovrebbero portare alia verita.
Alio stesso modo di Giulio Manieri, il protagonista di San Michele aveva un gallo, Sergej e Sergio sono doppiamente rinchiusi: nel bozzolo dell’orgoglio e nel luogo dell’eremitaggio (una grotta in Tolstoj, una casupola nei Taviani), ma come in San Michele e la reclusione metaforica a produrre gli effetti peggiori sulla volon-ta, portando alia sconfitta e alia vanificazione delle tensioni prometeiche.
Nel 1977 i Taviani avevano diretto Padre padrone, trascrizione del racconto autobiografico di Gavino Ledda pubblicato nel 1975. Ledda (da pastore divenuto ricercatore universitario) mescola nel libro le sue vicende personali e un’analisi gramsciano-antropologica delle strutture familiari e sociali, cercando di tradurre le sue esperienze in un resoconto puntuale e verosimile. I Taviani, invece, esaltano il versante autobiografico e fanno introdurre e terminare il film alio stesso scrit-tore che appare sullo schermo in carne e ossa, quasi a dimostrazione dell’utopia realizzata: la prima nelPopera dei registi, fino allora votati a prospettive pessimi-stiche. Ma il Gavino del film ha realizzato Tutopia rinunciando alia sua identita e per piu aspetti puoessere accostato ai personaggi di diretta derivazione tolstoiana: anch’egli da prova di una cocciuta volonta nel perseguire i suoi fini; anch’egli per un periodo vive isolato in un ovile (assai simile alle celle e alle grotte di Tolstoj), prigioniero dell’impossibility di acculturarsi.
Nel 2001 ha luogo il terzo incontro «diretto» dei Taviani con lo scrittore russo: Padattamento dell’ultimo romanzo dello scrittore russo Voskresenie, per uno sce-neggiato televisivo, coprodotto da Italia, Francia e Germania e vincitore del primo premio al festival cinematografico di Mosca nel 2002. Racconto profondamente ideologico e sociale (la definizione e di Michail Bachtin[15]), Voskresenie e scritto da Tolstoj con intend di proselitismo, per indicare ai suoi contemporanei il modo di vivere in un mondo ingiusto e malvagio, come mostra lo studio delle diverse stesure compiuto dallo studioso francese George Nivat[16]. E’ dunque la passione ideologica a colpire i Taviani, assieme alia storia di Katjusa Maslova, sedotta e abbandonata (uno dei piu diffusi topoidel feuilleton, come gli stessi registi hanno dichiarato in un’intervista). Ma non e solo questo: c’e un altro protagonista della vicenda, Dmitrij Ivanovic Nechljudov, il nobile che ha sedotto la giovane Katjusa provocandone la rovina e che si pente, cercando invano di salvarla dalla deportazione in Siberia. Tale personaggio, in parte autobiografico, appare, nella sua struttura di fondo, come il tipico eroe concepito da Tolstoj dopo la crisi dell’Ottanta, teso a perseguire un fine che si rivela utopico. I Taviani, nel loro primo sceneggiato televisivo, privile-giano la storia d’amore tra Dmitrij (Giulio Scarpati) e Katjusa (Stefania Rocca), per certi versi a scapito della rappresentazione critica della realta che nel romanzo, come nota Bachtin,e «accompagnata о intercalata anche da dimostrazioni immediate della tesi, sotto forma di ragionamenti astratti о di predicazioni, oppure a volte da tentativi di rappresentare Tideale utopico»[17]